Ricorso, della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore sig. Giancarlo Cruder, rappresentata e difesa - come da delega in calce al presente atto ed in virtu' della delibera della Giunta regionale 9 gennaio 1997, n. 31 - dall'avv. Renato Fusco, avvocato della regione, eleggendo domicilio presso l'Ufficio di rappresentanza della regione stessa, sito in Roma, piazza Colonna n. 355, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 649, concernente la "Conversione in legge con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996 n. 542, recante differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", in riferimento all'art. 11 del meddesimo decreto-legge, concernente il regime comunitario di produzione lattiera, per violazione degli artt. 3 e 77 della Costituzione, nonche' degli artt. 4, n. 2 e 8 dello Statuto di autonomia (approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), nonche' del principio della leale collaborazione. In fatto (A) - La regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' stata costituita con legge costituzionale 31 gennaio 1993, n. 1, approvativa dello Statuto speciale. Con l'art. 4 di detta legge costituzionale ad essa e' stata attribuita competenza legislativa primaria ed esclusiva in numerose materie, tra le quali figura pure l'agricoltura e la zootecnia (art. 4, n. 2). Correlativamente il successivo art. 8 ha ad essa demandato l'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie assegnate alla rispettiva competenza legislativa. Pure deve essere rilevato che l'art. 44 dello Statuto medesimo, il quale espressamente stabilisce che "Il presidente della Giunta regionale interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri per essere sentito, quando sono trattate questioni che riguardino particolarmente la regione. Anche si evidenzia che per la materia dell'agricoltura e della zootecnica sono state trasferite le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato con le norme di attuazione statutaria - di cui all'art. 65 St. - contenute nel d.P.R. 26 agosto 1965, n. 1116, nel d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902 e nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469. (B) - E' noto che la disciplina del regime delle c.d. quote latte e' stata definita organicamente con la legge 26 novembre 1992, n. 486 (dopo un annoso conflitto con l'allora esistente Comunita' economica europea ed in attuzione del regolamento C.E.E. n. 804/1968, e seguenti) allo scopo di contenere la produzione lattiera eccedente nel mercato europeo e per conseguire il rispetto della quota nazionale assegnata. Con l'art. 2 primo comma, di detta legge veniva attribuito all'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) la pubblicazione di "bollettini" indicanti gli elenchi dei produttori e dei quantitativi ad essi spettanti su base provinciale da trasmettersi alle regioni. Nel successivo secondo comma dello stesso art. 2 per i produttori aderenti alle associazioni UNALAT e AZOOLAT si prevedeva che "le quote per le consegne e le vendite sono articolate in due parti distinte": di cui la quota A rapportata alla produzione lattiera commercializzata nel periodo 1988 e 1989; e la qupta B calcolata nella maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Il terzo comma determinava invece la quota per i produttori non ad alcuna associazione. In considerazione del fatto che il surrichiamato regolamento C.E.E. n. 804/1968 imponeva una periodica riderminazione delle quote nazionali di produzione lattiera di spettanza con il settimo comma dello stesso art. 2 si affidava alla regione il compito di svolgere periodici controlli sull'entita' della produzione commercializzata dai singoli produttori, con l'onere di segnalare all'AIMA eventuali diminuizioni accertate al fine dell'aggiornamento del bollettino. Infine l'ottavo comma demandava al decreto del Ministro dell'agricoltura e foreste, previo parere della "Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano" e sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative e a livello nazionale, la fissazione dei criteri generali di riduzione della produzione stessa nel caso che le quote nazionali stabilite in sede comunitaria risultassero superate dalla quantita' attribuita in via provvisoria, ai produttori. Il successivo art. 5 - per quanto riguarda l'oggetto della presente impugnazione - regolava le procedure di compensazione delle quote latte prodotte stabilendo: al quarto comma che nei confronti dei produttori associati gli acquirenti trattengono il prelievo supplementare per tutte le consegne che oltrepassano la quota individuale dei produttori medesimi come risultante dai bollettini pubblicati dall'AIMA; al quinto comma che i presidenti delle associazioni di produttori effettuano la compensazione tra le minori e le maggiori quantita' consegnte dai produttori associati, computando le consegne effettuate da tutti i produttori associati titolari di quote, ed imputano con apposita deliberazione il prelievo supplementare eventualmente dovuto ai produttori che hanno superato la propria quota proporzionalmente alle quantita' eccedenti commercializzate da ciascuno; al sesto comma che i presidenti delle associazioni di produttori comunicano con lettera raccomandata l'ammontare delle somme imputate a ciascun produttorre; al settimo comma che la deliberazione relativa alla compensazione di cui al quinto comma e le comunicazioni di cui al sesto comma sono trasmesse alle regioni e alle provincie autonome di Trento e Bolzano ove hanno sede le associazioni medesime, nonche' all'AIMA; all'ottavo comma che gli acquirenti versano il prelievo supplementare comunicato dall'associazione per ciascun produttore e restituiscono ai medesimi le somme residue ad essi spettanti, comprensive degli interessi legali; al nono comma che, ove i presidenti delle associazioni non abbiano comunicato entro sei mesi agli acquirenti l'ammontare del prelievo supplementare che deve essere versato per ciascun produttore, gli acquirenti versano l'intero ammontare trattenuto ai produttori associati ai sensi del quarto comma. In attuazione della legge n. 468/1992 veniva emanato il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, poi convertito nella legge 24 febbraio 1995, n. 46, riguardante appunto "Norme, per l'avvio degli interventi programmati in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera nella quota comunitaria". In esecuzione pure del sopravvenuto regolamento C.E.E. n. 3950/1992, all'art. 2 si stabiliva "... di procedere alla riduzione prioritariamente della quota A non in produzione e successivamente della quota B assegnata ai produttori" in base a taluni parametri quantitativi; ed escludendo comunque da detta riduzione i produttori operanti in zone montane ed in quelle svantaggiate (o ad esse equiparate), nonche' nelle isole. Con l'art. 2-bis si si ammetteva l'autocertificazione della produzione nei rapporti tra venditori ed acquirenti. Nei due citati atti legislativi veniva omessa pero' ogni previsione di consultazione delle regioni che pure era stata espressamente stabilita nella legge n. 468/1992| Il decreto-legge n. 727/1994 e la legge di conversione n. 46/1995 venivano impugnati dinanzi a codesta eccellentissima Corte costituzionale da parte della regione Veneto e della regione Lombardia, che tra l'altro eccepivano l'illegittima esclusione della previa consultazione regionale per l'adozione degli atti riguardanti la riduzione della produzioue al fine del conseguimento della quota nazionale assegnata. Con la sentenza 28 dicembre 1995, n. 520, si accoglievano parzialmente i proposti ricorsi ed in particolare si dichiarava la illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma della legge stessa nella parte in cui non erasi previsto il parere delle regioni direttamente interessate al procedimento di riduzione delle quote assegnate ai produttori di latte: motivandosi espressamente che risultava fondata la censura di violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione (che attribuiscono alle regioni ordinarie competenze legislative ed amministrative in materia di agricoltura) e del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni medesime. Nonostante l'espresso richiamo di codesta eccellentissima Corte alla doverosita' da parte del Governo dell'emanazione di provvedimenti legislativi nel pieno rispetto del prinicpio di leale collaborazione tra Stato e regioni, la materia de qua ha continuato ad essere oggetto di atti legislativi assunti esclusivamente al livello centrale, in assenza di qualsiasi concordamento con l'autonomie regionali, e puntualmente oggetto di impugnazioni per questioni di legittimita' costituzionale. Si fa cosi' riferimento - oltre che decreto-legge n. 542/1994, gia' impugnato dalla ricorrente regione e convertito in legge con la legge n. 649/1996, oggetto della presente impugnazione - ai decreti-legge n. 124/1996, n. 260/1996, n. 353/1996, n. 463/1996 e n. 552/1996, con i quali in modo irrazionale - per quanto attiene alla portata sostanziale delle previsioni normative - e costituzionalmente illegittimo - per quanto attiene all'emanazione dei deceti stessi in violazione dell'art. 77 della Costituzione e del principio di leale collaborazione - e' stata prevista e disciplinata prima la pubblicazione di "bollettini di aggiornamento" riguardanti gli elenchi dei produttori e i quantativi delle quote latte ad essi spettanti, e in ultimo le modalita' di svolgimento della compensazione nazionale. E cio' conseguentemente all'emanazione del decreto-legge 8 agosto 1996, n. 440, concernente il "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale". Detto decreto all'art. 11 rubricato "Regime comunitario di produzione lattiera" stabiliva con effetto retroattivo: al comma 1 che a partire dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera cessa l'applicazione dei commi 5, 6, 7, 8 e 9 dell'art. 5 della legge n. 468/1992, in concreto annullando la procedura di compensazione in ambito regionale effettuata dalle Associazioni di produttori; al comma 2 che i versamenti e le restituzioni delle somme trattenute degli acquirenti a titolo di prelievo supplementare sono effettuati a seguito dell'espletamento delle procedure di compensazione nazionale da parte dell'AIMA. Sulle somme residue spettanti ai produttori sono dovuti gli interessi legali; al comma 3 che gli acquirenti che hanno gia' disposto la restituzione delle somme ai produttori ai sensi del sospeso art. 5, comma 8, della legge n. 468/1992, procedono a nuove trattenute pari all'ammontare delle somme restituite. Ove cio' non fosse possibile si applicano le disposizion di cui all'art. 7 della medesima legge n. 468/1992. A seguito di tale nuovo regime normativo i produttori della regione Friuli-Venezia Giulia sono incorsi in pagamenti per la compensazione di importo complessivo superiore a 8 miliardi e 200 milioni, contro gli 822 milioni calcolati con la compensazione a livello di Associazione di produttori. Tale disposizione (gia' oggetto di questioni di legittimita' costituzionale di fronte a codesta ecc.ma Corte) sono state puntualmente reiterate con il d.-l. 23 ottobre 1996, n. 542, recante "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale", impugnato quanto all'art. 11 concernente il regime comunitario di produzione lattiera dalla ricorrente regione avanti a codesta ecc.ma Corte (ove risulta pendente sub r.g.n. 45/1996) ed infine convertito in legge dalla legge n. 649/1996, oggetto del presente ricorso, in riferimento alla conversione (senza modificazioni) dell'art. 11 medesimo. In Diritto La legge 23 dicembre 1996, n. 649 convertita dal decreto-legge n. 542/1996, risulta costituzionalmente illegittima, in riferimento alla conversione in legge dell'art. 11 del medesimo decreto-legge, per i seguenti Motivi 1. - Violazione dell'art. 77 della Costituzione anche con riferimento agli artt. 4 n. 2, 8 e 44 St. (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), nonche' del principio della leale collaborazione tra Stato e regioni. 1.1 - E' evidene che nessuna delle disposizioni contenute nell'art. 11 del convertito decreto-legge n. 542/1996, risulta in qualche modo diretta a far fronte a nuove situazioni di fatto che appaiano di tale "straordinaria necessita' ed urgenza" da richiedere l'utilizzo del decreto-legge e non l'attivazione dell'ordinario procedimento di approvazione e promulgazione di una legge ordinaria. Infatti la giustificazione motivazionale espresa in epigrafe al convertito decreto appare del tutto generica ed apodittica. Ma maggiormente rileva il fatto che il convertito decreto ha riprodotto fedelmente le disposizioni dell'art. 11 del precedente decreto-legge n. 440/1996, il quale pure in alcun modo risultava diretto a far fronte a nuove situazioni di fatto di tale "straordinaria necessita' ed urgenza" giustificative del ricorso alla decretazione d'urgenza e tali da impedire l'attivazione dell'ordinario procedimento di approvazione e promulgazione di una legge ordinaria. All'evidenza la materia regolata dall'impugnata disposizione risulta essere l'abolizione della compensazione a livello di associazione di produttori. Non solo quindi non sussisteva alcuna improcrastinabile urgenza ed indifferibilita' di una tale disciplina, ma anzi la portata sostanziale delle previsioni emanate avrebbe al contrario richiesto adeguato dibattito e concordamento tra lo Stato e le regioni. La violazione dell'art. 77 da parte del convertito decreto-legge risulta poi dallo stesso carattere reiterativo del medesimo. Orbene, codesta ecc.ma Corte con la recente sentenza n. 360/1996 ha efficacemente affermato che il decreto-legge iterato o reiterato e' violativo del precetto costituzionale "... perche' altera la natura provvisoria della decretazione d'urgenza procrastinando, di fatto, il termine invalicabile previsto dalla Costituzione per la conversione in legge; perche' toglie valore al carattere "straordinario" dei requisiti della necessita' e dell'urgenza, dal momento che la reiterazione viene a stabilizzare e a prolungare nel tempo il richiamo ai motivi gia' posti a fondamento del primo decrto; perche' attenua la sanzione della perdita retroattiva di efficacia del decreto non convertito, venendo il ricorso ripetuto alla reiterazione a suscitare nell'ordinamento un'aspettativa circa la possibilita' di consolidare gli effetti determinanti dalla decretazione d'urgenza mediante la sanatoria finale della disciplina reiterata". Pure si e' incidentalmente rilevato come la prassi diffusa e prolungata della reiterazione incide negli equilibri istituzionali, "alterando i caratteri della stessa forma di governo e l'attribuzione della funzione legislativa ordinaria al Parlamento", risultando in tal modo intaccata la stessa certezza del diritto nei rapporti tra i diversi oggetti per l'impossibilita' di prevedere sia la durata nel tempo delle norme reiterate che l'esito finale del processo di conversione. Ancora la citata sentenza n. 360/1996 ha statuito che "... il diveto di iterazione e di reiterazione, implicito nel disegno costituzionale, esclude, quindi, che il Governo in caso di mancata conversione di un decreto-legge, possa riprodurre, con un nuovo decreto, il contenuto normativo dell'intero testo o di singole disposizioni del decreto non convertito, ove il nuovo decreto non risulti fondato su autonomi (e, pur sempre, straordinari) motivi di necessita' ed urgenza, motivi che, in ogni caso, non potranno essere ricondotti al solo fatto del ritardo conseguente dalla mancata conversione del precedente decreto. Se e' vero, infatti, che in caso di mancata conversione il Governo non risulta spogliato del potere di intervenire nella stessa materia con lo strumento della decretazione d'urgenza, e' anche vero che, in questo caso, l'intervento governativo - per poter rispettare i limiti della straordinarieta' e della provvisorieta' segnati dall'art. 77 - non potra' porsi in un rapporto di continuita' sostanziale con il decreto non convertito (come accade con l'iterazione e con la reiterazione) ma dovra', in ogni caso, risultare caratterizzato da contenuti normativi sostanzialmente diversi ovvero da presupposti giustificativi nuovi di natura "straordinaria"". Alla luce di tali chiarissimi, ineludibili e condivisibili principi la ricorrente regione nell'impugnazione dinanzi a codesta ecc.ma Corte del decreto-legge n. 542/1996 ha ritenuto indubitabile l'illegittimita' costituzionale dell'art. 11 ora convertito: dal momento che esso ha formalmente e sostanzialmente riprodotto, in assenza di nuovi e sopravvenuti presupposti straordinari di necessita' ed urgenza, il contenuto normativo dell'art. 11 del precedente e abrogato decreto-legge n. 440/1996. 1.2 - Deve essere precisato che la violazione all'art. 77 della Costituzione va denunciata - come di seguito viene evedenziato - con diritto riferimento alla lesione delle competenze legislative primarie della regione nel settore agricolo e zootecnico: essendo ammissibile la proposizione di tale censura anche da parte regionale quanto essa incide sulle proprie attribuzioni (sentenza n. 29/1995) e risulti di palese evidenza (sentenza n. 165/1995). E sotto tale aspetto deve eccepirsi che l'affermata sussistenza di una apodittica ed ingiustificata "straordinaria necessita' ed urgenza" ha reso di fatto incompatibile e inattuabile la partecipazione regionale alle scelte legislative che con il convertito decreto-legge sono state assunte nella delicata materia della riduzione delle quote-latte. In tal modo surrettiziamente si violano le competenze regionali in materia; e quelle nel settore dell'agricoltura e della zootecnica specificatamente assegnate alla competenza primaria ed esclusiva della ricorrente regione. 1.3. - E' stato nei precedenti ricorsi pure evidenziata l'ammissibilita' di tale illustrata eccezione di incostituzionalita' in relazione ai principi giurisdizionali posti da codesta ecc.ma Corte, secondo i quali nei giudizi di legittimita' costituzionale in via principale l'interesse a ricorrere delle regioni e' qualificato eslcusivamente dalla finalita' di ripristinare l'integrita' delle competenze costituzionalmente garantire alle medesime ricorrenti. Pertanto le regioni in tale sede possono legittimamente far valere presunte violazioni concernenti norme costituzionali regolanti l'esercizio di un potere governativo - come appunto le norme che abilitano il Governo ad adottare decreti-legge soltanto in presenza di situazioni di necessita' ed urgenza - nella misura in cui le stesse comportano di per se' lesione diretta delle sfere di competenza costituzionalmente attribuite alle autonomie regionali (cfr. sentenze nn. 314/1990, 544/1989, 1044 e 302 del 1988 e 29/1995). Un tanto puntualizzato, risulta palese che il Governo ha emanato le convertite e contestate disposizioni eludendo il dibattito parlamentare. Quindi la lesione delle competenze regionali deriva direttamente dall'utilizzo della decretazione d'urgenza alla quale e' stato fatto ricorso in assenza assoluta peraltro dei presupposti costituzionali per essa stabiliti. E cio' - pure ripetesi - in aperto dispregio delle chiare e puntuali statuizioni esplicitate da codesta ecc.ma Corte con la piu' volte citata sentenza n. 520/1995. 1.4. - La eccepita violazione dell'art. 77 della Costituzione da parte del decreto-legge n. 542/1996 implica pure che sia riconosciuta l'evidente illegittimita' costituzionale dell'impugnata legge n. 649/1996, convertitiva del medesimo decreto-legge, alla luce dei principi sanciti da codesta ecc.ma Corte con la sentenza n. 29/1995. Detta pronuncia ha innanzitutto affermato che rientra nelle competenze di codesta ecc.ma Corte l'accertamento della presenza in concreto dei presupposti di necessita' ed urgenza previsti dall'art. 77 della Costituzione per l'adozione dei decreti-legge. Cio' si giustifica in quanto la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto. L'eventuale mancanza di tale presupposto configura tanto un vizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge, adottato al di fuori delle ipotesi applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della legge di conversione, la quale nel caso ipotizzato valuta erroneamente l'esistenza di presupposti di validita', in realta' insussistenti, e quindi converte un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione. La ricorrente regione richiede quindi la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge n. 649/1996 nella parte in cui converte in legge l'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996, non sussistendo alcuna preclusione affinche' codesta ecc.ma Corte proceda all'esame del decreto-legge e della conseguente legge di conversione sotto il profilo dei requisiti di validita' costituzionale relativi alla preesistenza dei presupposti di cui all'art. 77 della Costituzione. Ne' ostacola tale conclusione la successiva approvazione del citato articolo da parte delle Camere in sede di conversione, comportando essa una valutazione del tutto diversa e precisamente di tipo prettamente politico, sia con riguardo al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti della stessa. 2. - Violazione degli artt. 4 e 8 dello Statuto di autonomia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, nonche' del principio della leale collaborazione tra Stato e regione, irragionevolezza della norma censurata. 2.1. - Si e' gia' sopra illustrato come la ricorrente regione e' attributaria di competenza primaria esclusiva - legislativa ed amministrativa - in materia di agricoltura e zootecnia ai sensi dell'art. 4, n. 2 e dell'art. 8 della legge costituzionale n. 1/1963. L'impugnato art. 1 della legge n. 649/1996, convertitivo dell'art. 11 del decreto-legge n. 542/1996, risulta in generale illegittimo in quanto detto art. 11 appare violativo tanto delle competenze costituzionalmente assegnate alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nelle suddette materie dell'agricoltura e della zootecnia; quanto del principio di leale collaborazone tra Stato e regione espressamente sancito con la gia' richiamata sentenza n. 520/1996 di codesta ecc.ma Corte con riferimento al precedente decreto-legge n. 727/1994 (ed alla legge di conversione n. 46/1995): emanata quest'ultima con riguardo quindi alla medesima materia della riduzione delle quote latte e agli atti legislativi che costituiscono presupposto giuridico del decreto-legge n. 542/1996. 2.2. - In particolare la violazione di detto principio di leale collaborazione veniva sanzionato puntualmente in tale apprezzabile decisione, ritenendosi fondata l'allora proposta eccezione di incostituzionalita' "... in relazione alla mancata previsione nella norma impugnata di qualsivoglia partecipazione regionale nel procedimento di riduzione delle quote individuali: e invero ove si considerino i contenuti della disciplina in esame, che investe interventi sulla dimensione produttiva di aziende comprese nel settore agricolo (v. sentenza n. 304 del 1987) la completa esclusione delle regioni dal procedimento in questione non puo' trovare adeguata giustificazione ne' in relazione all'urgenza con cui si e' dovuto provvedere ai fini del rientro nella quota nazionale ne' in relazione alla presenza, connessa a tale rientro, di un interesse nazionale al rispetto di impegni assunti in sede comunitaria. Non senza, d'altro canto, considerare che la procedura gia' adottata dall'art. 2, comma 7, della legge n. 468 del 1992 aveva affidato direttamente alla regioni la riduzione delle quote assegnate, ove le stesse fossero risultate maggiori della produzione effettiva". Ed ancora di seguito si puntualizzava che "... rispetto alla fattispecie regolata dalla norma in esame... la presenza regionale andava in ogni caso salvaguardata quanto meno nella forma della richiesta di parere. E questo tanto piu' che ove si consideri che le ipotesi di sottrazione alla procedura di riduzione contemplate nei commi 1 e 2-bis dell'art. 2 sono tali da involgere almeno in prevalenza, valutazioni spettanti alla sfera dei poteri regionali". Pur essendo stato sancito autorevolmente con tale sentenza additiva l'obbligo di garantire la partecipazione regionale nel procedimento di riduzione delle quote latte, con deprecabile ostinazione il Governo ha disatteso tale statuizione procedendo indebitamente all'emanazione dei numerosi e reiterati decreti-legge senza alcuna - seria e concreta - forma di collaborazione e coordinamento con le regioni attributarie di specifiche potesta' in materia; omettendo completamente di attivare ogni intesa o consultazione collaborativa pur ritenuta doverosa e necessaria anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale con la citata sentenza n. 520/1995. 2.3. - Il puntuale rispetto delle competenze regionali avrebbe richiesto il mantenimento della compensazione a livello di associazioni di produttori, la cui esclusione doveva comunque esser oggetto di puntuale intesa con la Regione in considerazione dei negativi riflessi economici derivanti dall'effettuazione della compensazione solo in sede nazionale. Di fatto il nuovo sistema conduce all'applicazione nei confronti degli allevatori della ricorrente regione di una multa di importo superiore agli otto miliardi e duecento milioni| Al contrario la compensazione in sede di associazioni di produttori avrebbe evidenziato il prelievo di soli ottocentoventidue milioni, il quale avrebbe consentito di avviare un processo di compensazione non traumatico fra le aziende che sono in riduzione dell'attivita' e aziende che sono in fase di sviluppo. E' evidente inoltre che la soppressione del sistema di compensazione a livello di associazioni di produttori e quindi l'esclusione di qualsiasi meccanismo basato sulla considerazione dei livelli produttivi regionali reca il piu' grave pregiudizio agli interessi del settore della ricorrente regione: infatti l'esclusivo ed imposto sistema di compensazione a livello solo nazionale inevitabilmente impedisce che i quantitativi di latte prodotti in eccedenza rispetto alle quote assegnate possano trovare compensazione senza provocare danni alla produzione regionale complessiva. E tutto cio' costituisce una lesione direta ed immediata delle competenze regionali dal momento che viene di fatto escluso l'esercizio di qualsiasi potesta' programmatoria regionale nel settore. 2.4. - Va pure tenuto in massimo rilievo che la portata retroattiva dell'impugnato art. 11 e ingiustificata e inconciliabile con qualsiasi forma di collaborazione ed estranea a corretti rapporti Stato/regioni, e sancisce ulteriormente la sottrazione alla regione delle competenze statutariamente attribute.